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10 dic 2008

dopo un lungo silenzio...

… … … Torno a scrivere.

Avrei voluto scrivere del post assemblea nazionale.

Oppure del contenuto delle mie risposte date in assemblea.

Forse della opportunità per chi vuole candidarsi o meno per il prossimo triennio.

Su crisi finanziaria e educazione all’essenzialità.

Su Multietnia e multi religiosità in una società italiana che sta cambiando, dell’incontro per dirigenti FIS che si terrà a Palazzo Chigi il prossimo sabato.

 

Avrei voluto parlare della crisi che investe la politica napoletana.

 

Avrei potuto parlare di cosa succede in Grecia in questi giorni.

 

O dell’utilità di facebook (nonostante i delatori inizino ad aumentare).

 

 

Ma il mio cervello non si stacca da quella ragazza di 23 anni caduta nel dirupo vicino San fedele d’Intelvi, a Como. Elena Tettamanzi.

Un Capo Scout, una Capo Reparto. 23 anni.

Lo sono stato anch’io, Capo Reparto, a 21 anni: non ho mai usato le racchette da neve, anche se ho fatto dei percorsi “un po’ difficili” per  così dire. Ho passeggiato su cengie in montagna dove il piede ci entrava a malapena, aggrappandomi alle ferrate con i miei esploratori ed esploratrici; ho goduto di tramonti in riva al mare ed ho camminato di notte; ho organizzato traversate di laghi con canotti e gonfiabili; ho girato in bicicletta l’Olanda, con i miei ragazzi. Ho dormito in grotte e sotto le stelle, con gli animali selvatici a poca distanza. Ho montato le tende in ogni dove. Ho bevuto l’acqua quando avevo sete, assaporando la purezza della quota per effetto del ghiaccio che si scioglieva in bocca; ho giocato con la neve e sono rimasto bloccato per alcuni giorni per effetto della stessa; ho perso sentieri e ritrovato la via di casa dopo due giorni. Ho preso pioggia, vento freddo; ho sofferto il caldo. Ho sofferto la fame e la sete con i miei ragazzi.  Ho organizzato giochi, ho corso, ho pianto, ho riso. Ho camminato con lo zaino, ho sudato. Ho sofferto le punture delle ortiche e delle api. Ho vogato ed ho esplorato.  

Ho vissuto l’avventura fino in fondo. Per i ragazzi. Con loro.  Grazie a loro.

Sono stato fortunato?

Sicuramente.

Non per essere sopravvissuto.

Ma per aver fatto un bel pezzo di strada della mia vita con i miei ragazzi.

Per aver assaporato la vita. Grazie a loro.

Per aver avuto l’opportunità di scoprire la vita, tutti insieme, ciascuno per il proprio pezzo per cui era in cammino, in ricerca.

 

Fatalità? Forse sono vigliacco, ma è la giustificazione che riesco a darmi.

 

Cerco di immaginare il dolore che un familiare può provare alla perdita di un proprio caro così giovane: impossibile. Provo ad esercitare, in silenzio, una prova d’amore solidale che si espande dal mio cuore ed arriva a quello dei familiari per offrire un pizzico di conforto, di supporto. Non posso fare nulla di più. Il dolore è personale e va rispettato.

 

Gli amici, i compagni, i capi del gruppo, della zona. Nei loro panni non farei altro che ripetere “Assurdo”.

 

Può aiutare il conforto della preghiera: ma bisogna avere una grande fede per insistere.

 

Dio, se mi ascolti, distogli per un po’ lo sguardo da me e dedicati a lei: dalle l’opportunità di continuare a fare il Capo Reparto lassù da te. E’ la cosa più bella del mondo fare il Capo Reparto. Falla diventare la cosa più bella del Paradiso.

 

 

OMAGGIO A TROISI

La Reggia di Caserta: il mio Sogno Eterno

Dissacrante ed esilarante!

ptg leone 1982 sez. Portici

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La notte dei cristalli: germania, 9 novembre 1938

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