Messaggio a cui mi sono ispirato e detto a braccio al 34° Consiglio Generale Agesci 1/05/2008
Cara Capo Guida e Caro Capo Scout,
grazie mille per l’invito rivoltoci e fraternamente accettato.
Vi porto il saluto affettuoso del CNGEI e di Chiara Sapigni, Presidente della Federazione Italiana dello Scautismo, impossibilitata ad essere qui tra noi.
Ed è proprio in una ottica di Federazione che vorrei soffermarmi. Dopo diversi momenti di riflessione e di dubbio da entrambe le parti, ci siamo più volte chiesti: quale futuro possibile per la FIS? C'è possibilità di guardare avanti, oltre gli ostacoli?
Ovviamente c'è da misurarsi con le proprie forze ciascuno per il proprio lato, con i propri numeri associativi, con la propria determinazione, con il proprio modo di fare. Ma anch'io mi porto un bel bagaglio di esperienze di collaborazione con Agesci ad ogni livello e mi son detto: Una FIS che sappia essere la CASA COMUNE DELLO SCAUTISMO ITALIANO può ancora esistere, ma a due condizioni insindacabili: la prima è che il CNGEI si curi la sua sindrome di Calimero, la seconda è che AGESCI curi la sua sindrome dell'elefante. La prima si cura evitando di protestare al minimo urto "perche si è piccoli e neri". E' vero, siamo piccoli, siamo pochi ma siamo anche bravi, siamo laici e lo dimostriamo con il comportamento, non solo a chiacchiere, perché ci crediamo. Per superare questa sindrome, ciascuno di noi deve essere pronto a mettere in campo la bontà delle proprie idee non per imporle all'altro, ma per discutere e farne apprezzare la bontà o, quantomeno, l'approccio del punto di vista, da prendere in esame con rispetto in quanto portatore di dignità. Ciò comporta la necessità di saper compenetrarsi nelle esigenze dell'altro per meglio tarare le proprie e non farle urtare con quelle dell'altro e quindi farle apprezzare; si basa sulla capacità di saper mediare oltre ogni limite per trovare il punto che possa andar bene a tutti e che possa diventare non il Massimo Comune Divisore (solo i fattori comuni con il minimo esponente), ma minimo comune multiplo (tutti i fattori comuni e non comuni con il massimo esponente). Questo significa: fare esercizio di laicità (e quindi di accoglienza), creare il presupposto per innescare una escalation di fiducia reciproca (noi, da educatori, sappiamo che la prima cosa per avere successo con i ragazzi è dar loro fiducia: lo stesso atteggiamento paga tra adulti), mettere le basi per farci apprezzare per quello che siamo non per contrapposizione, ma per costruzione collaborativa. La sindrome dell'elefante si cura ponendo attenzione verso l'altro nelle cose che si fanno, spostando il baricentro del mondo dal proprio punto di vista a quello comune, avendo la disponibilità a dialogare e a capire e compenetrarsi nelle ragioni dell'altro. Questo per entrambi è una scommessa molto grossa: deve passare attraverso la cancellazione della presunzione di sapere tutto, di avere sempre la risposta in tasca, di pensare di rappresentare l'intero scautismo italiano e non solo la propria parte. Questa cura necessita di evoluzione nell'approccio e necessità dell'altro per rinforzare il proprio pensiero; significa avere una mentalità di credente che sappia riconoscere pari dignità a chi non crede e viceversa; richiede disponibilità a capire che l'unione delle due parti dello scautismo italiano può agevolare entrambi, può servire ad entrambi, può chiarire ad entrambi i propri confini e trovare spazi per aiutarsi e qualificarsi vicendevolmente.
Questo è stato il contributo dell’attuale comitato federale. Ed abbiamo trovato dei veri fratelli nella Federazione: Chiara Sapigni è diventata il punto di riferimento e garante dell’intero processo, apprezzandola per la sua schiettezza e lealtà; Marco Sala è persona illuminata ma soprattutto di cuore e fraterna, capace di trovare sempre una soluzione se solo riesce a capire e compenetrarsi nelle esigenze dell'altra parte; Paola è stata colei che ha dato spiegazioni ulteriori a passaggi difficili con sorriso e determinazione; Marta, Stefano, Roberto hanno aiutato a dare punti diversi alle nostre visioni e proiezioni; Toni e Marilina hanno creduto in prima persona che qualcosa può esser fatto e che vale la pena tentare: abbiamo fatto una scommessa grande creando un momento d'incontro, confronto e conoscenza tra i due gruppi dirigenti nello scorso ottobre. È stato un incontro dove tutti abbiamo apprezzato reciprocamente il clima che si è instaurato, dove l'assistente generale cerca di capire in profondità il nostro pensiero Laico e dice che potrebbe trovarsi un terreno comune per valorizzare cosa ci unisce e non solo cosa ci divide; dove ciò che ci divide deve essere trattato con rispetto da entrambe le parti; dove i Commissari Nazionali si sono conosciuti ed hanno iniziato a lavorare insieme; dove in gruppi di lavoro misti si è dibattuto su quali sono i punti di forza e di debolezza dell'attuale FIS e come poterla cambiare per farla diventare la CASA COMUNE DELLO SCAUTISMO E DEL GUIDISMO ITALIANO, dove a casa propria si sta in maniera rilassata, si dialoga, ci si confronta e se si hanno idee diverse si decide, insieme, di lavorare per trovare dei punti di comunanza per non urtarsi reciprocamente.
Ad oggi, abbiamo chiesto a tutti di congelare le nomine fino a quando la nuova FIS non nascerà: quindi Chiara continua a fare la Presidente ed io il Vice (ma non nessuno si sente in graduatoria, ci sentiamo tutti in prima linea). L'appuntamento per la nuova struttura federale dovrebbe essere pronta per il prossimo autunno/inverno e quindi, a gennaio 2009, pensare al ricambio. Per trovare un sistema dove nessuno più si senta costretto dall’altro, ma che trovi la gioia di vivere insieme all’altro nella libertà e nell’orgoglio di appartenere alla stessa casa comune.
Abbiamo bisogno di camminare uniti, di guardare al futuro insieme, di sottolineare ciò che ci unisce e rispettare le reciproche differenze: in altre parole, lo scautismo italiano potrebbe avere una grande, grande opportunità di riconoscersi come tale, con diverse anime che guardano al domani in maniera ottimistica e attiva, per lasciare il mondo un po’ meglio di come lo abbiamo trovato.
Insieme.
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Quante "compenetrazioni" ;-)
RispondiEliminaScherzi a parte, apprezzo molto il lavoro che si fa con l'AGESCI, sono convinto che faccia bene ad entrambi, perché entrambi abbiamo dei problemi "esistenziali" da risolvere. Primo tra tutti la cronica carenza di Capi.
Quanto alla sindrome di Calimero, mi viene spontaneo pensare a quelli che "pochi ma buoni", frase che troppo spesso ho sentito: non è vero. Abbiamo bisogno di sviluppo, di crescere, di essere presenti sul territorio, per offrire l'opportunità di essere Scout (e Scout del CNGEI!) al maggior numero di ragazzi possibile.
È un dovere per noi.